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Papale papale

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Rileggere il magistero dei Pontefici a partire da Pio XII. È il podcast “Papale papale”, a cura di Amedeo Lomonaco, Fabio Colagrande e Benedetta Capelli con la collaborazione dell'Archivio Editoriale Multimediale - Radio Vaticana. La copertina è stata realizzata da Mauro Pallotta, in arte "Maupal". On line anche su Spotify e ogni giorno in onda sulle frequenze della Radio Vaticana. - Podcast - Radio Vaticana - Vatican News

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United States

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Rileggere il magistero dei Pontefici a partire da Pio XII. È il podcast “Papale papale”, a cura di Amedeo Lomonaco, Fabio Colagrande e Benedetta Capelli con la collaborazione dell'Archivio Editoriale Multimediale - Radio Vaticana. La copertina è stata realizzata da Mauro Pallotta, in arte "Maupal". On line anche su Spotify e ogni giorno in onda sulle frequenze della Radio Vaticana. - Podcast - Radio Vaticana - Vatican News

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Italian


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Ep. 180 - Papale papale -"Visitazione"

5/31/2024
Giovanni Paolo II, Santa Messa a Conclusione del mese mariano 31 maggio 1979 “Lieta nella speranza”: l’atmosfera che pervade l’episodio evangelico della Visitazione è la gioia, il mistero della Visitazione è un mistero di gioia. Giovanni il Battista esulta di gioia nel grembo di Santa Elisabetta; questa, colma di letizia per il dono della maternità, prorompe in benedizioni al Signore; Maria eleva il “Magnificat”, un inno tutto traboccante della gioia messianica. Ma quale è la misteriosa, nascosta sorgente di tale gioia? È Gesù, che Maria ha già concepito per opera dello Spirito Santo, e che comincia già a sconfiggere quella che è la radice della paura, dell’angoscia, della tristezza: il peccato, la più umiliante schiavitù per l’uomo. Stasera celebriamo insieme la chiusura del mese mariano del 1979. Ma il mese di maggio non può terminare; deve continuare nella nostra vita, perché la venerazione, l’amore, la devozione alla Madonna non possono scomparire dal nostro cuore. Benedetto XVI, Discorso a conclusione del mese mariano 31 maggio 2011 Meditando oggi la Visitazione di Maria, siamo portati a riflettere proprio su questo coraggio della fede. Colei che Elisabetta accoglie nella sua casa è la Vergine che “ha creduto” all’annuncio dell’Angelo e ha risposto con fede, accettando con coraggio il progetto di Dio per la sua vita e accogliendo così in sé la Parola eterna dell’Altissimo. Come sottolineava il mio beato Predecessore nell’Enciclica Redemptoris Mater, è mediante la fede che Maria ha pronunciato il suo fiat, «si è abbandonata a Dio senza riserve ed “ha consacrato totalmente se stessa, quale ancella del Signore, alla persona e all’opera del Figlio suo”» (n. 13; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 56). Per questo Elisabetta, nel salutarla, esclama: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Maria ha davvero creduto che “nulla è impossibile a Dio” (v. 37) e, forte di questa fiducia, si è lasciata guidare dallo Spirito Santo nell’obbedienza quotidiana ai suoi disegni. Francesco, parole a conclusione del mese mariano 31 maggio 2013 Oggi celebriamo la festa della Visitazione della Beata Vergine Maria alla parente Elisabetta. (...) Maria, donna dell’ascolto, rendi aperti i nostri orecchi; fa’ che sappiamo ascoltare la Parola del tuo Figlio Gesù tra le mille parole di questo mondo; fa’ che sappiamo ascoltare la realtà in cui viviamo, ogni persona che incontriamo, specialmente quella che è povera, bisognosa, in difficoltà. Maria, donna della decisione, illumina la nostra mente e il nostro cuore, perché sappiamo obbedire alla Parola del tuo Figlio Gesù, senza tentennamenti; donaci il coraggio della decisione, di non lasciarci trascinare perché altri orientino la nostra vita. Maria, donna dell’azione, fa’ che le nostre mani e i nostri piedi si muovano “in fretta” verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo. Amen. Pio XII, discorso in onore di Maria Regina 1 novembre 1954 Regnate nelle vie e nelle piazze, nelle città e nei villaggi, nelle valli e nei monti, nell'aria, nella terra e nel mare; e accogliete la pia preghiera di quanti sanno che il vostro è regno di misericordia, ove ogni supplica trova ascolto, ogni dolore conforto, ogni sventura sollievo, ogni infermità salute, e dove, quasi al cenno delle vostre soavissime mani, dalla stessa morte risorge sorridente la vita. Otteneteci che coloro, i quali ora in tutte le parti del mondo vi acclamano e vi riconoscono Regina e Signora, possano un giorno nel cielo fruire della pienezza del vostro Regno, nella visione del vostro Figlio, il quale col Padre e con lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Così sia!

Duración:00:09:03

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Ep. 179 - Papale papale -"Corpo"

5/30/2024
Giovanni Paolo II, udienza generale 19 gennaio 1983 Secondo i testi profetici il corpo umano parla un “linguaggio . . . di cui esso non è l’autore. L’autore ne è l’uomo che, come maschio e femmina, sposo e sposa, rilegge correttamente il significato di questo “linguaggio”. Rilegge dunque quel significato sponsale del corpo come integralmente inscritto nella struttura della mascolinità o femminilità del soggetto personale. Una corretta rilettura “nella verità” è condizione indispensabile per proclamare tale verità, ossia per istituire il segno visibile del matrimonio come sacramento. Gli sposi proclamano appunto questo “linguaggio del corpo”, riletto nella verità, quale contenuto e principio della loro nuova vita in Cristo e nella Chiesa. Sulla base del “profetismo del corpo”, i ministri del sacramento del matrimonio compiono un atto di carattere profetico. Francesco, udienza generale 22 ottobre 2014 La Chiesa, però, non è solamente un corpo edificato nello Spirito: la Chiesa è il corpo di Cristo! E non si tratta semplicemente di un modo di dire: ma lo siamo davvero! È il grande dono che riceviamo il giorno del nostro Battesimo! Nel sacramento del Battesimo, infatti, Cristo ci fa suoi, accogliendoci nel cuore del mistero della croce, il mistero supremo del suo amore per noi, per farci poi risorgere con lui, come nuove creature. Ecco: così nasce la Chiesa, e così la Chiesa si riconosce corpo di Cristo! Il Battesimo costituisce una vera rinascita, che ci rigenera in Cristo, ci rende parte di lui, e ci unisce intimamente tra di noi, come membra dello stesso corpo, di cui lui è il capo (cfr Rm 12,5; 1 Cor 12,12-13). Giovanni XXIII, celebrazione dei secondi vespri nella Solennità di Pentecoste 17 maggio 1959 Oh! che bellezza questo rinnovarsi in noi dei doni celesti dello Spirito Santo che ci assicurano le glorie immortali. Tutta la storia della Chiesa è là. La esperienza del passato, la realtà del presente, la visione dell'avvenire: tutto è là. Questa vicenda della nostra vita personale e sociale, come individui e come componenti il grande corpo vivente della Chiesa Cattolica, è intessuta di gioie e di pene, di consolazioni e di amarezze. Vi sarà gradito sentir dire delle consolazioni; non rifuggirete dal partecipare con Noi alle tristezze più gravi della Nostra immensa sollecitudine pastorale, estesa a tutte le regioni della terra. Benedetto XVI, Santa Messa nella Solennità del Corpus Domini 23 giugno 2011 E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1 Cor 10,16-17). Sant’Agostino ci aiuta a comprendere la dinamica della comunione eucaristica quando fa riferimento ad una sorta di visione che ebbe, nella quale Gesù gli disse: “Io sono il cibo dei forti. Cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me” (Conf. VII, 10, 18). Mentre dunque il cibo corporale viene assimilato dal nostro organismo e contribuisce al suo sostentamento, nel caso dell’Eucaristia si tratta di un Pane differente: non siamo noi ad assimilarlo, ma esso ci assimila a sé, così che diventiamo conformi a Gesù Cristo, membra del suo corpo, una cosa sola con Lui.

Duración:00:08:16

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Ep. 178 - Papale papale -"Mani"

5/29/2024
Francesco, udienza generale 10 agosto 2016 La misericordia, sia in Gesù sia in noi, è un cammino che parte dal cuore per arrivare alle mani. Cosa significa, questo? Gesù ti guarda, ti guarisce con la sua misericordia, ti dice: “Alzati!”, e il tuo cuore è nuovo. Cosa significa compiere un cammino dal cuore alle mani? Significa che con il cuore nuovo, con il cuore guarito da Gesù posso compiere le opere di misericordia mediante le mani, cercando di aiutare, di curare tanti che hanno bisogno. La misericordia è un cammino che parte dal cuore e arriva alle mani, cioè alle opere di misericordia. Giovanni Paolo II, Regina Caeli 21 aprile 1985 “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho” (Lc 24, 39). Così dice Cristo risorto, stando in mezzo ai suoi apostoli nel cenacolo. (..) Egli, dopo la risurrezione, fa vedere il proprio corpo, le mani e i piedi. Egli dimostra così dinanzi agli apostoli la propria identità (in senso fisico): “Sono proprio io” (Lc 24, 39). “Io”, il medesimo che avete conosciuto “dall’inizio”: sono proprio Gesù di Nazaret. Giovanni XXIII, radiomessaggio ai fedeli di tutto il mondo ad un mese dal Concilio ecumenico Vaticano II 11 settembre 1962 Vera letizia per la Chiesa universale di Cristo vuol essere il nuovo Concilio Ecumenico. La sua ragion d'essere — come vien salutato, preparato ed atteso, — è la continuazione, o meglio è la ripresa più energica della risposta del mondo intero, del mondo moderno al testamento del Signore, formulato in quelle parole pronunciate con divina solennità, le mani distese verso i confini del mondo. Giovanni Paolo I, Angelus 27 agosto 1978 Papa Giovanni ha voluto consacrarmi con le sue mani, qui nella Basilica di San Pietro, poi, benché indegnamente, a Venezia gli sono succeduto sulla Cattedra di San Marco, in quella Venezia che ancora è tutta piena di Papa Giovanni. Lo ricordano i gondolieri, le suore, tutti. Paolo VI, Angelus 13 luglio 1969 Vengono alla mente le parole della sacra Scrittura: «Ora io contemplo i tuoi cieli, (o Signore,) opera delle Tue mani, la luna e le stelle, che Tu vi hai collocato. Che cosa è l’uomo che Tu ti ricordi di lui? . . . lo hai fatto di poco inferiore agli Angeli, lo hai coronato di gloria e di onore; e lo hai costituito sopra le opere delle Tue mani. Hai posto tutte le cose sotto i suoi piedi» (Ps. 8, 4-8; Hebr. 2, 6-8). L’uomo, questa creatura di Dio, ancora più della luna misteriosa, al centro di questa impresa, ci si rivela. Ci si rivela gigante. Ci si rivela divino, non in sé, ma nel suo principio e nel suo destino. Onore all'uomo, onore alla sua dignità, al suo spirito, alla sua vita. Benedetto XVI, Santa Messa del Crisma 13 aprile 2006 Il Signore ci ha imposto le mani e vuole ora le nostre mani affinché, nel mondo, diventino le sue. Vuole che non siano più strumenti per prendere le cose, gli uomini, il mondo per noi, per ridurlo in nostro possesso, ma che invece trasmettano il suo tocco divino, ponendosi a servizio del suo amore. Vuole che siano strumenti del servire e quindi espressione della missione dell'intera persona che si fa garante di Lui e lo porta agli uomini. Se le mani dell'uomo rappresentano simbolicamente le sue facoltà e, generalmente, la tecnica come potere di disporre del mondo, allora le mani unte devono essere un segno della sua capacità di donare, della creatività nel plasmare il mondo con l'amore – e per questo, senz'altro, abbiamo bisogno dello Spirito Santo.

Duración:00:09:19

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Ep. 177 - Papale papale -"Cuore"

5/28/2024
Giovanni Paolo II, Angelus 14 luglio 1985 La preghiera dell’Angelus ci ricorda ogni volta quel momento salvifico, nel quale, sotto il cuore della Vergine di Nazaret, ha incominciato a battere il cuore del Verbo, del Figlio di Dio. Nel suo seno egli si è fatto uomo, per opera dello Spirito Santo. Nel seno di Maria è stato concepito l’uomo ed è stato concepito il cuore. Questo cuore è - così come ogni cuore umano - un centro, un santuario nel quale pulsa con un ritmo speciale la vita spirituale. Cuore, insostituibile risonanza di tutto ciò che sperimenta lo spirito dell’uomo. Ogni cuore umano è chiamato a pulsare col ritmo della giustizia e della carità. Da ciò viene misurata la vera dignità dell’uomo. Giovanni Paolo I, udienza generale 27 settembre 1978 « Mio Dio, amo con tutto il cuore sopra ogni cosa Voi, bene infinito e nostra eterna felicità, e per amor Vostro amo il prossimo mio come me stesso e perdono le offese ricevute. O Signore, ch'io Vi ami sempre più ». È una preghiera notissima intarsiata di frasi bibliche. Me l'ha insegnata la mamma. La recito più volte al giorno anche adesso e cerco di spiegarvela, parola per parola, come farebbe un catechista di parrocchia. (...) Insomma: amare significa viaggiare, correre con il cuore verso l'oggetto amato. Dice l'imitazione di Cristo: chi ama « currit, volat, laetatur », corre, vola e gode (1). Amare Dio è dunque un viaggiare col cuore verso Dio. Viaggio bellissimo. Francesco, udienza generale 1 aprile 2020 Come arrivare a questa intimità, a conoscere Dio con gli occhi? Si può pensare ai discepoli di Emmaus, per esempio, che hanno il Signore Gesù accanto a sé, «ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo» (Lc 24,16). Il Signore schiuderà il loro sguardo al termine di un cammino che culmina con la frazione del pane ed era iniziato con un rimprovero: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!» (Lc 24,25). Quello è il rimprovero dell’inizio. Ecco l’origine della loro cecità: il loro cuore stolto e lento. E quando il cuore è stolto e lento, non si vedono le cose. Si vedono le cose come annuvolate. Qui sta la saggezza di questa beatitudine: per poter contemplare è necessario entrare dentro di noi e far spazio a Dio, perché, come dice S. Agostino, “Dio è più intimo a me di me stesso” (“interior intimo meo”: Confessioni, III,6,11). Per vedere Dio non serve cambiare occhiali o punto di osservazione, o cambiare autori teologici che insegnino il cammino: bisogna liberare il cuore dai suoi inganni! Questa strada è l’unica. Benedetto XVI, Via Crucis al Colosseo 6 aprile 2007 I Padri della Chiesa hanno considerato come il più grande peccato del mondo pagano la insensibilità, la durezza del cuore e amavano la profezia del profeta Ezechiele: "Vi toglierò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne" (cf Ez 36,26). Convertirsi a Cristo, divenire cristiano voleva dire ricevere un cuore di carne, un cuore sensibile per la passione e la sofferenza degli altri. Il nostro Dio non è un Dio lontano, intoccabile nella sua beatitudine: il nostro Dio ha un cuore. Anzi ha un cuore di carne, si è fatto carne proprio per poter soffrire con noi ed essere con noi nelle nostre sofferenze. Si è fatto uomo per darci un cuore di carne e per risvegliare in noi l’amore per i sofferenti, per i bisognosi. Preghiamo in questa ora il Signore per tutti i sofferenti del mondo. Preghiamo il Signore perché ci dia realmente un cuore di carne, ci faccia messaggeri del Suo amore non solo con parole, ma con tutta la nostra vita. Amen.

Duración:00:09:56

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Ep. 176 - Papale papale -"Testa"

5/27/2024
Paolo VI, Santa Messa nella Solennità dell’Assunzione 15 agosto 1972 Purtroppo noi che dovremmo tenere lo sguardo rivolto alla inebriante visione del cielo, siamo proclivi a curvare la testa verso la terra in esperienze temporali che ci vorrebbero tenacemente rendere padroni della terra. Di queste esperienze temporali non siamo mai sazi, come tanti ricchi che sono sempre più affezionati ai loro averi e spesso, proprio per questo, soccombono alla irrazionale fuga dalla vita, Noi dobbiamo convincerci che tutto quello che abbiamo e che ci circonda è fuggevole, e che in un attimo inesorabile può esserci tolto. Pio XII, radiomessaggio all’Azione Cattolica italiana 8 dicembre 1953 Ed ecco un altro aspetto - presentissimo - di Maria: la sua forza nel combattimento. Già, dopo il misero caso di Adamo, il primo annunzio su Maria, secondo la interpretazione di non pochi Santi Padri e Dottori, ci parla di inimicizie fra Lei e il serpente nemico di Dio e dell'uomo. Come è per Lei essenziale di esser fedele a Dio, così di esser vincitrice del demonio. Senza nessuna macchia Maria ha calpestato la testa del serpente tentatore e corruttore. Francesco, udienza generale, 18 ottobre 2023 E qual è stato il “segreto” di Charles de Foucauld, della sua vita? Egli, dopo aver vissuto una gioventù lontana da Dio, senza credere in nulla se non alla ricerca disordinata del piacere, lo confida a un amico non credente, a cui, dopo essersi convertito accogliendo la grazia del perdono di Dio nella Confessione, rivela la ragione del suo vivere. Scrive: «Ho perso il mio cuore per Gesù di Nazaret». Fratel Carlo ci ricorda così che il primo passo per evangelizzare è aver Gesù dentro il cuore, è “perdere la testa” per Lui. Se ciò non avviene, difficilmente riusciamo a mostrarlo con la vita. (...) Credo che oggi sarebbe bello che ognuno di noi si domandi: Io, ho Gesù al centro del cuore? Ho perso un po’ la testa per Gesù? Giovanni Paolo II, messaggio Urbi et Orbi Natale 25 dicembre 1984 Beati i poveri in spirito”: ecco le parole scritte nel cuore stesso del tuo Vangelo, sin da quella notte di Betlemme. Le parole che sono l’eredità più santa della Chiesa. Non cessiamo di professare la stupefacente verità, contenuta nella profondità di quelle parole. Non cessiamo di rileggere tale verità attraverso il mistero della notte di Betlemme, mediante l’intera testimonianza di colui che non aveva “dove posare il capo” (Mt8, 20), mediante la croce, sulla quale egli stesso “spogliò se stesso” per arricchire l’uomo in modo pieno e definitivo. La rileggiamo per avere in noi, con cuore puro, a testa alta, “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”... Benedetto XVI, udienza generale 4 febbraio 2009 L'antica tradizione cristiana testimonia unanimemente che la morte di Paolo avvenne in conseguenza del martirio subito qui a Roma. (...) Il suo martirio viene raccontato per la prima volta dagli Atti di Paolo, scritti verso la fine del II secolo. Essi riferiscono che Nerone lo condannò a morte per decapitazione, eseguita subito dopo (cfr 9,5). La data della morte varia già nelle fonti antiche, che la pongono tra la persecuzione scatenata da Nerone stesso dopo l’incendio di Roma nel luglio del 64 e l’ultimo anno del suo regno, cioè il 68 (cfr Gerolamo, De viris ill. 5,8). Il calcolo dipende molto dalla cronologia dell’arrivo di Paolo a Roma, una discussione nella quale non possiamo qui entrare. Tradizioni successive preciseranno due altri elementi. L’uno, il più leggendario, è che il martirio avvenne alle Aquae Salviae, sulla Via Laurentina, con un triplice rimbalzo della testa, ognuno dei quali causò l'uscita di un fiotto d'acqua, per cui il luogo fu detto fino ad oggi “Tre Fontane” (Atti di Pietro e Paolo dello Pseudo Marcello, del secolo V).

Duración:00:09:33

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Ep. 175 - Papale papale -"Paraclito"

5/24/2024
Giovanni XXIII, celebrazione eucaristica nella Solennità di Pentecoste 10 giugno 1962 O Santo Spirito Paraclito, perfeziona in noi l'opera iniziata da Gesù: rendi forte e continua la preghiera che facciamo in nome del mondo intero: accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore: dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti gli uomini e tutti i popoli, tutti redenti dal Sangue di Cristo e tutti sua eredità. Mortifica in noi la naturale presunzione, e sollevaci nelle regioni della santa umiltà, del vero timor di Dio, del generoso coraggio. Che nessun legame terreno ci impedisca di far onore alla nostra vocazione: nessun interesse, per ignavia nostra, mortifichi le esigenze della giustizia: nessun calcolo riduca gli spazi immensi della carità dentro le angustie dei piccoli egoismi. Tutto sia grande in noi: la ricerca e il culto della verità, la prontezza al sacrificio sino alla croce e alla morte; e tutto, infine, corrisponda alla estrema preghiera del Figlio al Padre celeste; e a quella effusione che di Te, o Santo Spirito di amore, il Padre e il Figlio vollero sulla Chiesa e sulle sue istituzioni, sulle singole anime e sui popoli. Amen, amen: alleluia, alleluia. Giovanni Paolo II, udienza generale 17 maggio 1989 Abbiamo più volte citato le parole di Gesù, che nel discorso d’addio rivolto agli apostoli nel Cenacolo promette la venuta dello Spirito Santo come nuovo e definitivo difensore e consolatore: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce” (Gv 14, 16-17). Quel “discorso d’addio”, situato nel racconto solenne dell’ultima Cena (cf. Gv 13, 2), è una fonte di prima importanza per la pneumatologia, ossia per la disciplina teologica concernente lo Spirito Santo. Gesù parla di lui come del Paraclito, che “procede” dal Padre, e che il Padre “manderà” agli apostoli e alla Chiesa “nel nome del Figlio”, quando il Figlio stesso “andrà via”, “a prezzo” della dipartita compiuta mediante il sacrificio della Croce. Dobbiamo prendere in considerazione il fatto che Gesù chiama il Paraclito lo “Spirito di Verità”. Anche in altri momenti lo ha chiamato così. Benedetto XVI, cappella papale nella Solennità di Pentecoste 23 maggio 2010 Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,15-16). Qui ci viene svelato il cuore orante di Gesù, il suo cuore filiale e fraterno. Questa preghiera raggiunge il suo vertice e il suo compimento sulla croce, dove l’invocazione di Cristo fa tutt’uno con il dono totale che Egli fa di se stesso, e così il suo pregare diventa per così dire il sigillo stesso del suo donarsi in pienezza per amore del Padre e dell’umanità: invocazione e donazione dello Spirito s’incontrano, si compenetrano, diventano un’unica realtà. «E io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre». Francesco, Santa Messa nella Solennità di Pentecoste 23 maggio 2021 Il Paraclito afferma il primato della grazia. Solo se ci svuotiamo di noi stessi lasciamo spazio al Signore; solo se ci affidiamo a Lui ritroviamo noi stessi; solo da poveri in spirito diventiamo ricchi di Spirito Santo. Vale anche per la Chiesa. (...) Gesù ha portato il fuoco dello Spirito sulla terra e la Chiesa si riforma con l’unzione, la gratuità dell’unzione della grazia, con la forza della preghiera, con la gioia della missione, con la bellezza disarmante della povertà. Mettiamo Dio al primo posto! Spirito Santo, Spirito Paraclito, consola i nostri cuori. Facci missionari della tua consolazione, paracliti di misericordia per il mondo. Avvocato nostro, dolce Suggeritore dell’anima, rendici testimoni dell’oggi di Dio, profeti di unità per la Chiesa e l’umanità, apostoli fondati sulla tua grazia, che tutto crea e tutto rinnova. Amen.

Duración:00:09:56

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Ep. 174 - Papale papale -"Colomba"

5/23/2024
Benedetto XVI, Santa Messa del Crisma 1 aprile 2010 Attraverso la storia della colomba col ramo d’ulivo, che annunciava la fine del diluvio e così la nuova pace di Dio con il mondo degli uomini, non solo la colomba, ma anche il ramo d’ulivo e l’olio stesso sono diventati simbolo della pace. I cristiani dei primi secoli amavano ornare le tombe dei loro defunti con la corona della vittoria e il ramo d’ulivo, simbolo della pace. Sapevano che Cristo ha vinto la morte e che i loro defunti riposavano nella pace di Cristo. Si sapevano, essi stessi, attesi da Cristo, che aveva loro promesso la pace che il mondo non è in grado di dare. Si ricordavano che la prima parola del Risorto ai suoi era stata: “Pace a voi!” (Gv 20,19). Egli stesso porta, per così dire, il ramo d’ulivo, introduce la sua pace nel mondo. Annuncia la bontà salvifica di Dio. Egli è la nostra pace. I cristiani dovrebbero quindi essere persone di pace, persone che riconoscono e vivono il mistero della Croce come mistero della riconciliazione. Francesco, Angelus 13 gennaio 2019 Unendosi al popolo che chiede a Giovanni il Battesimo di conversione, Gesù ne condivide anche il desiderio profondo di rinnovamento interiore. E lo Spirito Santo che discende sopra di Lui «in forma corporea, come una colomba» (v. 22) è il segno che con Gesù inizia un mondo nuovo, una “nuova creazione” di cui fanno parte tutti coloro che accolgono Cristo nella loro vita. Anche a ciascuno di noi, che siamo rinati con Cristo nel Battesimo, sono rivolte le parole del Padre: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (v. 22). Questo amore del Padre, che abbiamo ricevuto tutti noi nel giorno del nostro Battesimo, è una fiamma che è stata accesa nel nostro cuore, e richiede di essere alimentata mediante la preghiera e la carità. Pio XII, Messa nella Basilica Vaticana nel XXV anniversario della sua consacrazione episcopale 14 maggio 1942 Or ora, mentre ai piedi di questo Altare, fra i pensosi ricordi che commovevano e inondavano l'animo Nostro, indossavamo i sacri paramenti per prepararCi a celebrare il Sacrificio eucaristico, il Nostro sguardo, sollevandosi, contemplava risplendente dall'alto di questo meraviglioso baldacchino, in mezzo a raggi d'oro, l'immagine della colomba con le ali aperte, evangelico e confortante simbolo dello Spitito Santo Paraclito, che sta sopra la Chiesa e vi spira e diffonde i multiformi carismi della sua grazia e la copia della sua pace spirituale. E un simbolo che parla. Giovanni Paolo II, udienza generale 11 luglio 1990 Nel testo di Giovanni, il fatto avvenuto nel Battesimo di Gesù viene descritto dallo stesso Battista: “Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. (...) Un accenno, prima di concludere, al simbolo della colomba che, in occasione del Battesimo nel Giordano, appare come segno dello Spirito Santo. Essa, nel simbolismo battesimale, è congiunta all’acqua e, secondo alcuni Padri della Chiesa, richiama ciò che avvenne alla fine del diluvio, interpretato anch’esso come figura del battesimo cristiano. Leggiamo nella Genesi che quando Noè “fece uscire la colomba dall’arca e la colomba tornò . . . essa aveva nel becco un ramoscello d’ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra” (Gen 8, 10-11). Il simbolo della colomba indica il perdono dei peccati, la riconciliazione con Dio e il rinnovamento dell’alleanza. Ed è ciò che trova piena attuazione nell’era messianica, ad opera di Cristo redentore e dello Spirito Santo.

Duración:00:09:04

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Ep. 173 - Papale papale -"Roccia"

5/22/2024
Francesco, Angelus 29 giugno 2023 Nel Vangelo Gesù dice a Simone, uno dei Dodici: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Pietro è un nome che ha più significati: può voler dire roccia, pietra o semplicemente sasso. Ed effettivamente, se guardiamo alla vita di Pietro, troviamo un po’ tutti e tre questi aspetti del suo nome. Pietro è una roccia: in molti momenti è forte e saldo, genuino e generoso. Lascia tutto per seguire Gesù (cfr Lc 5,11), lo riconosce Cristo, Figlio del Dio vivente (Mt 16,16), si tuffa in mare per andare veloce incontro al Risorto (cfr Gv 21,7). Poi, con franchezza e coraggio, annuncia Gesù nel Tempio, prima e dopo essere stato arrestato e flagellato (cfr At 3,12-26; 5,25-42). La tradizione ci parla anche della sua fermezza di fronte al martirio, che avvenne proprio qui (cfr Clemente Romano, Lettera ai Corinzi, V,4). Pietro però è anche una pietra: è una roccia e anche una pietra, adatta per offrire appoggio agli altri: una pietra che, fondata su Cristo, fa da sostegno ai fratelli per la costruzione della Chiesa (cfr 1 Pt 2,4-8; Ef 2,19-22). (...) È “pietra”, è punto di riferimento affidabile per tutta la comunità. Giovanni Paolo I, udienza generale 20 settembre 1978 Dante nel suo Paradiso (1) ha immaginato di presentarsi a un esame di cristianesimo. Funzionava una commissione coi fiocchi. « Hai la fede? » gli chiede prima San Pietro. « Hai la speranza? » continua S. Giacomo. « Hai la carità? » finisce S. Giovanni. « Sì - risponde Dante - ho la fede, ho la speranza, ho la carità », lo dimostra e viene promosso a pieni voti. Ho detto che la speranza è obbligatoria: non per questo la speranza è brutta o dura: anzi, chi la vive viaggia in un clima di fiducia e di abbandono, dicendo con il salmista: « Signore, tu sei la mia roccia, il mio scudo, la mia fortezza, il mio rifugio, la mia lampada, il mio pastore, la mia salvezza. Anche se si accampasse contro di me un esercito, non temerà il mio cuore; e se si leva contro di me la battaglia, anche allora io sono fiducioso ». Giovanni Paolo II, discorso ai giovani della diocesi di Belluno – Feltre a Col Cumano 16 luglio 1988 Papa Luciani diceva queste parole - e sicuramente le ripeterebbe se si trovasse qui - “non stacchiamoci da questa roccia”. Sappiamo bene che Gesù ha rivelato a Pietro - a quest’uomo debole, molto gentile, molto affettuoso, ma anche molto instabile - il suo destino parlando della roccia, e così lui è diventato - non come uomo, ma come dono di Dio come la sua fede confessata presso Cesarea di Filippi - questa roccia. Non stacchiamoci da quella roccia. Questa roccia attraverso Pietro è sempre una, è unica, è Gesù Cristo. Benedetto XVI, Angelus 1 novembre 2006 "Vita eterna" per noi cristiani non indica però solo una vita che dura per sempre, bensì una nuova qualità di esistenza, pienamente immersa nell'amore di Dio, che libera dal male e dalla morte e ci pone in comunione senza fine con tutti i fratelli e le sorelle che partecipano dello stesso Amore. L'eternità, pertanto, può essere già presente al centro della vita terrena e temporale, quando l'anima, mediante la grazia, è congiunta a Dio, suo ultimo fondamento. Tutto passa, solo Dio non muta. Dice un Salmo: "Vengono meno la mia carne e il mio cuore; / ma la roccia del mio cuore è Dio, / è Dio la mia sorte per sempre" (Sal 72/73, 26). Tutti i cristiani, chiamati alla santità, sono uomini e donne che vivono saldamente ancorati a questa "Roccia"; hanno i piedi sulla terra, ma il cuore già nel Cielo, definitiva dimora degli amici di Dio.

Duración:00:09:30

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Ep. 172 - Papale papale -"Acqua"

5/21/2024
Paolo VI, udienza generale 13 aprile 1977 Essere cristiani: che cosa significa? Il significato primo, nel tempo e nell’importanza, è dato dal fatto che siamo fatti degni di portare questo nome, non come una semplice qualifica sociologica (Cfr. Act. 11, 26), ma come un rapporto vitale con Cristo, un ingresso nel regno di Dio. Gesù stesso lo ha insegnato ad un primo «notabile» timido, ma poi fedele aderente alla sua predicazione e al suo influsso messianico, Nicodemo: «nessuno può entrare nel regno di Dio se non è rinato nell’acqua e nello Spirito santo» (Io. 3, 5). È stato così preannunciato questo innovatore segno sacramentale, il battesimo. Benedetto XVI, Angelus 8 gennaio 2006 Fissiamo lo sguardo su Gesù che, all'età di circa trent'anni, si fece battezzare da Giovanni nel fiume Giordano. Si trattava di un battesimo di penitenza, che utilizzava il simbolo dell'acqua per esprimere la purificazione del cuore e della vita. Giovanni detto il "Battista", cioè il "Battezzatore", predicava questo battesimo ad Israele per preparare l'imminente venuta del Messia; e a tutti diceva che dopo di lui sarebbe venuto un altro, più grande di lui, il quale avrebbe battezzato non con l'acqua, ma con lo Spirito Santo (cfr Mc 1, 7-8). Ed ecco che quando Gesù fu battezzato nel Giordano, lo Spirito Santo discese, si posò su di Lui in apparenza corporea come di colomba, e Giovanni il Battista riconobbe che Egli era il Cristo, l'"Agnello di Dio" venuto per togliere il peccato del mondo (cfr Gv 1, 29). Giovanni XXIII, discorso ai delegati delle Opere di Misericordia, 21 febbraio 1960 Commentando il Vangelo delle nozze di Cana, in occasione della Stazione in Santo Spirito in Sassia, nella prima Domenica dopo l'Ottava dell'Epifania del 1208, il Nostro antico e glorioso Predecessore Innocenzo III, usando amabilmente la forma allegorica, sottolineava: « Certamente, se l'opera di misericordia non è accompagnata dal sentimento di carità, solleva, è vero, colui che la riceve, ma non è di profitto a chi la compie. E perciò allora è solo acqua e non vino; perchè, come dice l'Apostolo, “ Se distribuirò tutte le mie ricchezze in cibo ai poveri, ma non avrò la carità, a nulla mi giova ” [3]. Diversamente, se la misericordia ha origine dalla carità, allora l'acqua si converte in vino, perchè l'azione della carità trasforma in caldo ciò che prima era freddo; rende saporito ciò che prima era insipido; e luminoso ciò che prima era tenebroso: così l'acqua si converte moralmente in vino; e una cosa, per natura sua buona, diviene ancor più buona, da meritarci il premio eterno ». Francesco, Angelus 15 marzo 2020 Nella tradizione biblica Dio è la fonte dell’acqua viva – così si dice nei salmi, nei profeti –: allontanarsi da Dio, fonte di acqua viva, e dalla sua Legge comporta la peggiore siccità. È l’esperienza del popolo d’Israele nel deserto. Nel lungo cammino verso la libertà, esso, arso dalla sete, protesta contro Mosè e contro Dio perché non c’è acqua. Allora, per volere di Dio, Mosè fa scaturire l’acqua da una roccia, come segno della provvidenza di Dio che accompagna il suo popolo e gli dà la vita (cfr Es 17,1-7). E l’apostolo Paolo interpreta quella roccia come simbolo di Cristo. Dirà così: “E la roccia è Cristo” (cfr 1 Cor 10,4). È la misteriosa figura della sua presenza in mezzo al popolo di Dio che cammina. Cristo infatti è il Tempio dal quale, secondo la visione dei profeti, sgorga lo Spirito Santo, cioè l’acqua viva che purifica e dà vita. Chi ha sete di salvezza può attingere gratuitamente da Gesù, e lo Spirito Santo diventerà in lui o in lei una sorgente di vita piena ed eterna.

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Ep. 171 - Papale papale -"Vento"

5/20/2024
Francesco, Santa Messa nella solennità di Pentecoste 20 maggio 2018 Il vento impetuoso fa pensare a una forza grande, ma non fine a sé stessa: è una forza che cambia la realtà. Il vento infatti porta cambiamento: correnti calde quando fa freddo, fresche quando fa caldo, pioggia quand’è secco... così fa. Anche lo Spirito Santo, a ben altro livello, fa così: Egli è la forza divina che cambia, che cambia il mondo. La Sequenza ce l’ha ricordato: lo Spirito è «nella fatica, riposo; nel pianto, conforto»; e così lo supplichiamo: «Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina». Egli entra nelle situazioni e le trasforma; cambia i cuori e cambia le vicende. Giovanni Paolo II, visita alla parrocchia romana di Sant’Andrea Avellino 16 febbraio 1997 Voglio ancora aggiungere un altro elemento, un altro punto. Oggi è una bella giornata, stanotte invece pioveva forte. Adesso il tempo si è schiarito, abbiamo il sole e abbiamo anche il vento. Sapete dove si è sentito questo forte vento? In quale giorno? Questo vento forte si è sentito nel giorno della Pentecoste. Sapete qualcosa della Pentecoste? Pentecoste vuol dire cinquanta giorni dopo la Risurrezione di Gesù: quel giorno è venuto lo Spirito Santo e la sua venuta si è manifestata proprio attraverso un vento forte. E questo vento ha dato forza agli apostoli per iniziare l'evangelizzazione del mondo. Paolo VI, discorso in occasione della visita alla casa di pena Regina Caeli, 9 aprile 1964 Se mi fosse dato di parlare ad uno ad uno, che cosa direi? Direi appunto, a ciascuno di voi, che sono venuto a salutarvi e a manifestarvi la mia simpatia, il mio affetto; a portarvi la mia benedizione. Inoltre vi ringrazio; poiché le vostre persone mi dicono già la vostra cortesia, e mi parlano di un'accoglienza di cui sono molto riconoscente. E vi sono molto obbligato anche per le parole che uno di voi mi ha poc'anzi indirizzate a nome vostro: parole belle, alte, nobili e anche tanto affettuose. Siate sicuri che io le ricorderò, poiché le accolgo realmente quale espressione sincera dei vostri animi. Non resteranno vane e come lanciate al vento. Benedetto XVI, cappella papale nella solennità di Pentecoste 31 maggio 2009 Nel mondo antico la tempesta era vista come segno della potenza divina, al cui cospetto l’uomo si sentiva soggiogato e atterrito. Ma vorrei sottolineare anche un altro aspetto: la tempesta è descritta come “vento impetuoso”, e questo fa pensare all’aria, che distingue il nostro pianeta dagli altri astri e ci permette di vivere su di esso. Quello che l’aria è per la vita biologica, lo è lo Spirito Santo per la vita spirituale; e come esiste un inquinamento atmosferico, che avvelena l’ambiente e gli esseri viventi, così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito, che mortifica ed avvelena l’esistenza spirituale. Allo stesso modo in cui non bisogna assuefarsi ai veleni dell’aria – e per questo l’impegno ecologico rappresenta oggi una priorità –, altrettanto si dovrebbe fare per ciò che corrompe lo spirito. (...) La metafora del vento impetuoso di Pentecoste fa pensare a quanto invece sia prezioso respirare aria pulita, sia con i polmoni, quella fisica, sia con il cuore, quella spirituale, l’aria salubre dello spirito che è l’amore!

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Ep. 170 - Papale papale -"Rifugio"

5/17/2024
Francesco, Santa Messa in occasione della festa della traslazione dell’icona della Salus populi romani 28 gennaio 2018 Il popolo cristiano ha capito, fin dagli inizi, che nelle difficoltà e nelle prove bisogna ricorrere alla Madre, come indica la più antica antifona mariana: Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. Cerchiamo rifugio. I nostri Padri nella fede hanno insegnato che nei momenti turbolenti bisogna raccogliersi sotto il manto della Santa Madre di Dio. Un tempo i perseguitati e i bisognosi cercavano rifugio presso le nobili donne altolocate: quando il loro mantello, che era ritenuto inviolabile, si stendeva in segno di accoglienza, la protezione era concessa. Così è per noi nei riguardi della Madonna, la donna più alta del genere umano. Il suo manto è sempre aperto per accoglierci e raccoglierci. Giovanni Paolo II, Angelus 24 gennaio 1993 E' l'ora di convertirsi a sentimenti di solidarietà, a una politica di pace, a una logica di fraternità, alla pazienza del dialogo, alla ricerca di quanto unisce gli esseri umani, piuttosto che a quanto li divide. E' il tempo soprattutto di convertirsi a Dio, accogliendo il suo Vangelo di speranza e di pace. Chiediamo a Maria, madre e discepola del Redentore, di disporre il nostro cuore ad una vera conversione. La sua materna intercessione ottenga che, sulla via tormentata degli uomini del nostro tempo, brilli il Vangelo di Cristo, salvezza definitiva dell'uomo. Maria, rifugio dei peccatori, prega per noi! Pio XII, discorso in onore di Maria Regina, 1 novembre 1954 Come nell'alto del cielo Voi esercitate il vostro primato sopra le schiere degli Angeli, che vi acclamano loro Sovrana; sopra le legioni dei Santi, che si dilettano nella contemplazione della vostra fulgida bellezza; così regnate sopra l'intero genere umano, soprattutto aprendo i sentieri della fede a quanti ancora non conoscono il vostro Figlio. Regnate sulla Chiesa, che professa e festeggia il vostro soave dominio e a voi ricorre come a sicuro rifugio in mezzo alle calamità dei nostri tempi. Regnate sulle intelligenze, affinchè cerchino soltanto il vero; sulle volontà, affinchè seguano solamente il bene; sui cuori, affinchè amino unicamente ciò che voi stessa amate. Regnate sugl'individui e sulle famiglie, come sulle società e le nazioni; sulle assemblee dei potenti, sui consigli dei savi, come sulle semplici aspirazioni degli umili. Regnate nelle vie e nelle piazze, nelle città e nei villaggi, nelle valli e nei monti, nell'aria, nella terra e nel mare. Benedetto XVI, celebrazione a conclusione del mese mariano, 31 maggio 2008 Il suo Magnificat, a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della storia, mentre le letture fatte da tanti sapienti di questo mondo sono state smentite dai fatti nel corso dei secoli. Cari fratelli e sorelle! Torniamo a casa con il Magnificat nel cuore. Portiamo in noi i medesimi sentimenti di lode e di ringraziamento di Maria verso il Signore, la sua fede e la sua speranza, il suo docile abbandono nelle mani della Provvidenza divina. Imitiamo il suo esempio di disponibilità e generosità nel servire i fratelli. Solo, infatti, accogliendo l’amore di Dio e facendo della nostra esistenza un servizio disinteressato e generoso al prossimo, potremo elevare con gioia un canto di lode al Signore. Ci ottenga questa grazia la Madonna, che questa sera ci invita a trovare rifugio nel suo Cuore Immacolato.

Duración:00:09:53

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Ep. 169 - Papale papale -"Regina"

5/16/2024
Giovanni Paolo II, udienza generale 23 luglio 1997 Il titolo di Regina non sostituisce certo quello di Madre: la sua regalità rimane un corollario della sua peculiare missione materna, ed esprime semplicemente il potere che le è stato conferito per svolgere tale missione. Citando la Bolla Ineffabilis Deus di Pio IX, il Sommo Pontefice Pio XII pone in evidenza questa dimensione materna della regalità della Vergine: "Avendo per noi un affetto materno e assumendo gli interessi della nostra salvezza, Ella estende a tutto il genere umano la sua sollecitudine. Stabilita dal Signore Regina del cielo e della terra, elevata al di sopra di tutti i cori degli Angeli e di tutta la gerarchia celeste dei Santi, sedendo alla destra del suo unico Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, Ella ottiene con grande certezza quello che chiede con le sue materne preghiere; quello che cerca lo trova e non le può mancare". Pio XII, discorso in onore di Maria Regina 1 novembre 1954 Meno ancora che quella del suo Figlio, la regalità di Maria non deve essere concepita in analogia con le realtà della vita politica moderna. Senza dubbio non si possono rappresentare le maraviglie del cielo che mediante le parole e le espressioni, ben imperfette, del linguaggio umano : ma ciò non significa punto che, per onorare Maria, si debba aderire ad una determinata forma di governo o ad una particolare struttura politica. La regalità di Maria è una realtà ultraterrena, che però, al tempo stesso, penetra sin nel più intimo dei cuori e li tocca nella loro essenza profonda, in ciò che essi hanno di spirituale e d'immortale. L'origine delle glorie di Maria, il momento solenne che illumina tutta la sua persona e la sua missione, è quello in cui, piena di grazia, rivolse all'Arcangelo Gabriele il «Fiat», che esprimeva il suo assenso alla disposizione divina; in tal guisa Ella diveniva Madre di Dio e Regina, e riceveva l'ufficio regale di vegliare sulla unità e la pace del genere umano. Giovanni XXIII, festività dell’Immacolata Concezione 8 dicembre 1960 Come Ci sembra ben armoniosa e cara la voce di Pio IX, a cui quella del suo sesto successore umilmente, ma fervidamente fa coro: Tu, o Madre della bella dilezione, della conoscenza e della santa speranza, Regina e difenditrice della Chiesa. Ricevi nella tua materna fede e tutela Noi, le consultazioni e le fatiche Nostre, e Ci impetra, con le tue preghiere presso Dio, che siamo sempre di un solo spirito e di un solo cuore. Che preziose parole son queste! L'augusto vegliardo Pio IX, pronunciandole nel giorno della Immacolata del 1869 e aprendo con esse il Concilio Vaticano I, dava il tono al suo lontano successore: che benedicendo il Signore le raccoglie, le ripete già sin da ora, ed invita tutti i figli della Cattolica Chiesa a farle risonare in lode ed in supplicazione per il nuovo Concilio. Benedetto XVI, udienza generale 22 agosto 2012 Ma adesso ci domandiamo: che cosa vuol dire Maria Regina? E' solo un titolo unito ad altri, la corona, un ornamento con altri? Che cosa vuol dire? Che cosa è questa regalità? Come già indicato, è una conseguenza del suo essere unita al Figlio, del suo essere in Cielo, cioè in comunione con Dio; Ella partecipa alla responsabilità di Dio per il mondo e all'amore di Dio per il mondo. C'è un'idea volgare, comune, di re o regina: sarebbe una persona con potere, ricchezza. Ma questo non è il tipo di regalità di Gesù e di Maria. Pensiamo al Signore: la regalità e l'essere re di Cristo è intessuto di umiltà, di servizio, di amore: è soprattutto servire, aiutare, amare. (...) E lo stesso vale per Maria: è regina nel servizio a Dio all'umanità, è regina dell'amore che vive il dono di sé a Dio per entrare nel disegno della salvezza dell'uomo. All'angelo risponde: Eccomi sono la serva del Signore (cfr Lc 1,38), e nel Magnificat canta: Dio ha guardato all'umiltà della sua serva (cfr Lc 1,48). Ci aiuta. E' regina proprio amandoci, aiutandoci in ogni nostro bisogno; è la nostra sorella, serva umile.

Duración:00:09:26

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Ep. 168 - Papale papale -"Madre"

5/15/2024
Francesco, udienza generale 10 maggio 2017 Maria ha attraversato più di una notte nel suo cammino di madre. Fin dal primo apparire nella storia dei vangeli, la sua figura si staglia come se fosse il personaggio di un dramma. Non era semplice rispondere con un “sì” all’invito dell’angelo: eppure lei, donna ancora nel fiore della giovinezza, risponde con coraggio, nonostante nulla sapesse del destino che l’attendeva. (...) Non siamo orfani: abbiamo una Madre in cielo, che è la Santa Madre di Dio. Perché ci insegna la virtù dell’attesa, anche quando tutto appare privo di senso: lei sempre fiduciosa nel mistero di Dio, anche quando Lui sembra eclissarsi per colpa del male del mondo. Nei momenti di difficoltà, Maria, la Madre che Gesù ha regalato a tutti noi, possa sempre sostenere i nostri passi, possa sempre dire al nostro cuore: “Alzati! Guarda avanti, guarda l’orizzonte”, perché Lei è Madre di speranza. Pio XII, discorso in onore di Maria Regina 1 novembre 1954 Dal profondo di questa terra di lacrime, ove la umanità dolorante penosamente si trascina; tra i flutti di questo nostro mare perennemente agitato dai venti delle passioni; eleviamo gli occhi a voi, o Maria, Madre amatissima, per riconfortarci contemplando la vostra gloria, e per salutarvi Regina e Signora dei cieli e della terra, Regina e Signora nostra. Questa vostra regalità vogliamo esaltare con legittimo orgoglio di figli e riconoscerla come dovuta alla somma eccellenza di tutto il vostro essere, o dolcissima e vera Madre di Colui, che è Re per diritto proprio, per eredità, per conquista. Regnate, o Madre e Signora, mostrandoci il cammino della santità, dirigendoci e assistendoci, affinchè non ce ne allontaniamo giammai. Benedetto XVI, udienza generale 12 agosto 2009 Andiamo adesso alla Croce. Gesù, prima di morire, vede sotto la Croce la Madre; e vede il figlio diletto e questo figlio diletto certamente è una persona, un individuo molto importante, ma è di più: è un esempio, una prefigurazione di tutti i discepoli amati, di tutte le persone chiamate dal Signore per essere «discepolo amato» e, di conseguenza, in modo particolare anche dei sacerdoti. Gesù dice a Maria: «Madre ecco tuo figlio» (Gv 19, 26). È una specie di testamento: affida sua Madre alla cura del figlio, del discepolo. Ma dice anche al discepolo: «Ecco tua madre» (Gv 19, 27). Giovanni Paolo II, Angelus 16 ottobre 1983 Dalla fame e dalla guerra, liberaci! Dalla guerra nucleare, da un’auto-distruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci! Dai peccati contro la vita dell’uomo sin dai suoi albori, liberaci! Dall’odio e dall’avvilimento della dignità dei figli di Dio. liberaci! Da ogni genere di ingiustizia nazionale e internazionale, liberaci! Dalla facilità di calpestare i comandamenti di Dio, liberaci! Dai peccati contro lo Spirito Santo, liberaci! Liberaci! Accogli, o Madre di Cristo, questo grido carico della sofferenza di tutti gli uomini! Carico della sofferenza di intere società! Si riveli ancora una volta, nella storia del mondo l’infinita potenza dell’amore misericordioso! Esso fermi il male! Trasformi le coscienze! Nel tuo Cuore Immacolato si sveli per tutti la luce della Speranza! Amen.

Duración:00:09:00

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Ep. 167 - Papale papale -"Mamme"

5/14/2024
Francesco, Regina Caeli 10 maggio 2015 Ricordiamo con gratitudine e affetto tutte le mamme. Ora mi rivolgo alle mamme che stanno qui in Piazza: ce ne sono? Sì? Ce ne sono, mamme? Un applauso per loro, per le mamme che sono in Piazza … E questo applauso abbracci tutte le mamme, tutte le nostre care mamme: quelle che vivono con noi fisicamente, ma anche quelle che vivono con noi spiritualmente. Il Signore le benedica tutte, e la Madonna, alla quale questo mese è dedicato, le custodisca. Giovanni Paolo II, Regina Caeli 8 maggio 1994 Oggi abbiamo la "Giornata delle mamme", o piuttosto "della mamma", di ogni mamma nella sua individualità irripetibile, nel suo genio speciale: genio della donna, genio della mamma. E ciascuno di noi oggi ricorda la mamma che è sua. Sono tante quelle che vivono, ma vi sono anche quelle che non vivono più. io ricordo la mia che non vive più, ma che vive, vive in me. E per tutte le mamme è la nostra preghiera, il nostro affetto cordiale, il nostro augurio: che trovino consolazione nel frutto della loro maternità, e siano benedette dal Signore, che si sentano benedette e amate da tutti. All'unica Mamma, Madre delle madri, affido tutte le mamme italiane e del mondo intero. Sia lodato Gesù Cristo! Giovanni XXIII, radiomessaggio in occasione del Natale 22 dicembre 1962 Sì, desidereremmo posare la Nostra mano sulle teste dei piccoli, guardare negli occhi i giovani, incoraggiare i papà e le mamme al proseguimento del quotidiano dovere! A tutti vorremmo ripetere le parole dell'Angelo: Vi annunzio un grande gaudio, è nato per voi il Salvatore. E continuare con le riflessioni di Sant'Agostino: « Cristo è nato, e giace nel presepio, ma regge il mondo : ... è avvolto di poveri panni, ma ci riveste di immortalità :... non trovò posto nell'albergo, ma vuole farsi un tempio nel cuore dei credenti... Accendiamo dunque la carità, affinché possiamo pervenire alla sua eternità » Giovanni Paolo I, Angelus 10 settembre 1978 Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E' papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore. Benedetto XVI, Angelus 7 settembre 2008 Perciò, con immensa riconoscenza, domandiamo a Maria, Madre del Verbo incarnato e Madre nostra, di proteggere ogni mamma terrena: quelle che, insieme col marito, educano i figli in un contesto familiare armonioso, e quelle che, per tanti motivi, si trovano sole ad affrontare un compito così arduo. Possano tutte svolgere con dedizione e fedeltà il loro quotidiano servizio nella famiglia, nella Chiesa e nella società. Per tutte la Madonna sia sostegno, conforto e speranza!

Duración:00:08:35

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Ep. 166 - Papale papale -"Annuncio"

5/13/2024
Paolo VI, inaugurazione delle celebrazioni giubilari nella diocesi di Roma 10 novembre 1973 Colme annunciare Cristo Signore ai giovani, che sono i candidati migliori per capirlo e per realizzarlo? Che sono stanchi e quasi nauseati delle formule che la vita moderna, così carica, così ricca, così opulenta ha riversato sopra di loro? Il giovane, che alcune volte ha le divinazioni che gli adulti non hanno, sente un senso di nausea di fronte a un certo modo di vivere. In questa visione contestataria trova lo stimolo a vivere in povertà, trova la spinta verso la ricerca della verità. I giovani d’oggi vogliono essere autentici, vogliono essere quello che si è e si deve essere. Hanno un’anima iperfilosofica. Vorrei colloquiare con questi e dire «io ho la verità, io ho quello che ti manca e quello che aspetti, io ho la formula per interpretare la tua vita, io ti do la bellezza, io ti do la gioia, la forza, moltiplico le tue ricchezze, le tue facoltà, io ti metto nella vita reale, ti metto nel centro della grande ipotesi dell’esistenza umana. Benedetto XVI, udienza generale 24 giugno 2009 Ci chiediamo allora: “Che cosa significa propriamente, per i sacerdoti, evangelizzare? In che consiste il cosiddetto primato dell’annuncio”?. Gesù parla dell’annuncio del Regno di Dio come del vero scopo della sua venuta nel mondo e il suo annuncio non è solo un “discorso”. Include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire: i segni e i miracoli che compie indicano che il Regno viene nel mondo come realtà presente, che coincide ultimamente con la sua stessa persona. In questo senso, è doveroso ricordare che, anche nel primato dell’annuncio, parola e segno sono indivisibili. La predicazione cristiana non proclama “parole”, ma la Parola, e l’annuncio coincide con la persona stessa di Cristo, ontologicamente aperta alla relazione con il Padre ed obbediente alla sua volontà. Quindi, un autentico servizio alla Parola richiede da parte del sacerdote che tenda ad una approfondita abnegazione di sé, sino a dire con l’Apostolo: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Giovanni Paolo II, Angelus 23 ottobre 1994 Dinnanzi alla massa di uomini e di donne che attendono l'annuncio di Cristo, è un grande incoraggiamento ed un segno di viva speranza vedere tante famiglie pronte con coraggio e slancio apostolico a prestare il loro apporto all'opera missionaria. Mediante la preghiera e la solidarietà, ed in special modo mediante le vocazioni missionarie, che il Signore suscita al loro interno, esse cooperano efficacemente alla diffusione della Buona Novella in tutti gli angoli della terra. (...) Cari missionari - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - la Chiesa vi è particolarmente vicina, prega per voi, vi accompagna con la sua materna sollecitudine e vi sostiene nel vostro quotidiano lavoro. Vi affido a Maria, madre del Salvatore e modello della Chiesa che reca al mondo il Verbo Incarnato. Francesco, udienza generale 15 novembre 2023 Il messaggio cristiano, come abbiamo ascoltato dalle parole che l’angelo rivolge ai pastori, è l’annuncio di «una grande gioia» (Lc 2,10). E la ragione? Una buona notizia, una sorpresa, un bell’avvenimento? Molto di più, una Persona: Gesù! Gesù è la gioia. È Lui il Dio fatto uomo che è venuto da noi! La questione, cari fratelli e sorelle, non è dunque se annunciarlo, ma come annunciarlo, e questo “come” è la gioia. O annunciamo Gesù con gioia, o non lo annunciamo, perché un’altra via di annunciarlo non è capace di portare la vera realtà di Gesù. Ecco perché un cristiano scontento, un cristiano triste, un cristiano insoddisfatto o, peggio ancora, risentito e rancoroso non è credibile.

Duración:00:08:52

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Ep. 165 - Papale papale -"Pentecoste"

5/10/2024
Francesco, Regina Caeli 24 maggio 2015 La festa della Pentecoste ci fa rivivere gli inizi della Chiesa. Il libro degli Atti degli Apostoli narra che, cinquanta giorni dopo la Pasqua, nella casa dove si trovavano i discepoli di Gesù, «venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso …e tutti furono colmati di Spirito Santo» (2,1-2). Da questa effusione i discepoli vengono completamente trasformati: alla paura subentra il coraggio, la chiusura cede il posto all’annuncio e ogni dubbio viene scacciato dalla fede piena d’amore. E’ il “battesimo” della Chiesa, che iniziava così il suo cammino nella storia, guidata dalla forza dello Spirito Santo. Quell’evento, che cambia il cuore e la vita degli Apostoli e degli altri discepoli, si ripercuote subito al di fuori del Cenacolo. Infatti, quella porta tenuta chiusa per cinquanta giorni finalmente viene spalancata e la prima Comunità cristiana, non più ripiegata su sé stessa, inizia a parlare alle folle di diversa provenienza delle grandi cose che Dio ha fatto (cfr v. 11), cioè della Risurrezione di Gesù, che era stato crocifisso. Benedetto XVI, Solennità di Pentecoste 4 giugno 2006 Il giorno di Pentecoste lo Spirito Santo scese con potenza sugli Apostoli; ebbe così inizio la missione della Chiesa nel mondo. Gesù stesso aveva preparato gli Undici a questa missione apparendo loro più volte dopo la sua risurrezione (cfr At 1,3). Prima dell’ascensione al Cielo, ordinò di "non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre" (cfr At 1,4-5); chiese cioè che restassero insieme per prepararsi a ricevere il dono dello Spirito Santo. Ed essi si riunirono in preghiera con Maria nel Cenacolo nell’attesa dell’evento promesso (cfr At 1,14). Restare insieme fu la condizione posta da Gesù per accogliere il dono dello Spirito Santo; presupposto della loro concordia fu una prolungata preghiera. Troviamo in tal modo delineata una formidabile lezione per ogni comunità cristiana. Giovanni XXIII, celebrazione dei secondi Vespri nella Solennità di Pentecoste 17 maggio 1959 Venerabili Fratelli, e diletti figli, Volge il settimo mese dall'inizio della Nostra missione pontificale. Giusto il tempo che basta allo svolgimento completo delle solennità dell'anno liturgico. Dall'Avvento alla Pentecoste: dall'annuncio di Betlemme al trionfo dello Spirito Santo, della Chiesa, Una, Santa, Cattolica ed Apostolica. Gli umili pastori della collina, veglianti nella notte misteriosa, eccoli divenuti pastori della Chiesa universale, che si estende da un polo all'altro del mondo, da un secolo all'altro della storia dei popoli. Nel culto liturgico di ogni anno è dato ai nostri occhi di rivedere quei grandi avvenimenti: è dato di rigustarne ai nostri cuori la significazione: è il revivificarsi del nostro spirito nella grazia che ci santifica e ci eleva. Oh! che bellezza questo rinnovarsi in noi dei doni celesti dello Spirito Santo che ci assicurano le glorie immortali. Tutta la storia della Chiesa è là. La esperienza del passato, la realtà del presente, la visione dell'avvenire: tutto è là. Paolo VI, solennità della Pentecoste 30 maggio 1971 Pentecoste! La grande festa, che trabocca dai chiusi recinti degli edifici destinati al culto, e invade il mondo e si effonde nel contesto naturale dell’umanità; penetra nel pensiero e lo fa cosciente di verità; si immerge nei linguaggi dei popoli e li abilita alla poesia, alla sapienza, al dialogo; corrobora il buon volere e il lavoro degli uomini; conforta la speranza e il dolore; apre chiaroveggenze qua e là, nei cuori, che vanno oltre gli orizzonti dell’esperienza sensibile e dell’analisi razionale. Vento e fuoco è lo Spirito Santo, che assale con fremiti di meraviglia e di gaudio la nostra triste profanità, la nostra orgogliosa irreligiosità, il nostro opaco secolarismo. Onoriamo la Pentecoste, cari figli e fratelli...

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Ep. 164 - Papale papale -"Ascensione"

5/9/2024
Giovanni Paolo II, Solennità dell’Ascensione del Signore 12 maggio 1983 “Ascende il Signore tra canti di gioia!”. È motivo di profonda letizia per la Chiesa tutta, e anche per l’umanità, la celebrazione liturgica del mistero dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo, il quale è stato esaltato e glorificato solennemente da Dio. La Liturgia applica oggi a Cristo, che ritorna al Padre, le parole esultanti che il salmista dedica all’Eterno: “Ascende Dio tra le acclamazioni, / il Signore al suono di tromba. / Cantate inni al nostro re, cantate inni. / Dio è re di tutta la terra, Dio regna sui popoli, / Dio siede sul suo trono santo!” (Sal 47, 6-9). In questo “mistero della vita di Cristo, noi meditiamo, da una parte, la glorificazione di Gesù di Nazaret, morto e risorto, e, dall’altra, la sua partenza da questa terra e il suo ritorno al Padre. Giovanni XXIII, canonizzazione di San Gregorio Barbarigo, 26 maggio 1960 Dal suo primo apparire nel seno verginale di Maria, e poi fra i vagiti e i sorrisi a Betlemme, dai silenzi e dal nascondimento umile e laborioso dei trent'anni, dall'annunzio dell'evangelium regni attraverso la Galilea e la Giudea, e infine dal tragico epilogo della Passione fino ai chiarori vittoriosi della Risurrezione, fino a questa ammirabile Ascensione che accende di luce superna i nostri occhi e penetra di grazia esultante i cuori: oh! che successione stupenda ed ineffabile — diletti Fratelli e figli — d'avvenimenti ; oh ! che variazione inattesa di aspetti iridescenti dell'intima comunicazione del divino con l'umano, del cielo con la terra! Ancora un istante, ancora un tocco nella contemplazione di questo quadro sublime. All'arrivo di Gesù in cielo, egli adempie le sue promesse. Ecco lo Spirito Santo nei bagliori delle lingue di fuoco posate sulle teste dei convenuti nel Cenacolo, in atto di operare nei petti quella fecondazione di grazia, da cui balza la Santa Chiesa nella sua distinta fisionomia di società soprannaturale e gerarchica, introducendola nella sua storia di regno di Dio militante sulla terra, perchè si evolva, poi, in purgante oltre la tomba e finalmente trionfante in cielo. Pio XII, Messa nel 25.mo anniversario della consacrazione episcopale 14 maggio 1942 La parola Nostra si rivolge a voi nella solennità di questo giorno, in cui tutto il popolo cristiano, che, sparso sulla faccia della terra, vive della fede di Roma, si unisce con Noi e con voi nell'adorare quel Dio, Salvatore degli uomini, asceso al cielo e sedente alla destra del Padre, quale nostro Avvocato presso di Lui. Or ora, mentre ai piedi di questo Altare, fra i pensosi ricordi che commovevano e inondavano l'animo Nostro, indossavamo i sacri paramenti per prepararCi a celebrare il Sacrificio eucaristico, il Nostro sguardo, sollevandosi, contemplava risplendente dall'alto di questo meraviglioso baldacchino, in mezzo a raggi d'oro, l'immagine della colomba con le ali aperte, evangelico e confortante simbolo dello Spitito Santo Paraclito, che sta sopra la Chiesa e vi spira e diffonde i multiformi carismi della sua grazia e la copia della sua pace spirituale. Francesco, Regina Caeli 13 maggio 2018 L’Ascensione del Signore al cielo, mentre inaugura una nuova forma di presenza di Gesù in mezzo a noi, ci chiede di avere occhi e cuore per incontrarlo, per servirlo e per testimoniarlo agli altri. Si tratta di essere uomini e donne dell’Ascensione, cioè cercatori di Cristo lungo i sentieri del nostro tempo, portando la sua parola di salvezza sino ai confini della terra. In questo itinerario noi incontriamo Cristo stesso nei fratelli, soprattutto nei più poveri, in quelli che soffrono nella propria carne la dura e mortificante esperienza di vecchie e nuove povertà. Come all’inizio Cristo Risorto inviò i suoi apostoli con la forza dello Spirito Santo, così oggi Egli invia tutti noi, con la stessa forza, per porre segni concreti e visibili di speranza. Perché Gesù ci dà la speranza, se ne è andato in cielo e ha aperto le porte del cielo e la...

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Ep. 163 - Papale papale -"Salvezza"

5/8/2024
Francesco, Angelus 21 agosto 2016 L’evangelista Luca racconta che Gesù è in viaggio verso Gerusalemme e durante il percorso viene avvicinato da un tale che gli pone questa domanda: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?» (Lc 13,23). Gesù non dà una risposta diretta, ma sposta il dibattito su un altro piano, con un linguaggio suggestivo, che all’inizio forse i discepoli non capiscono: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno» (v.24). Con l’immagine della porta, Egli vuol far capire ai suoi ascoltatori che non è questione di numero – quanti si salveranno - , non importa sapere quanti, ma è importante che tutti sappiano quale è il cammino che conduce alla salvezza. Tale percorso prevede che si attraversi una porta. Ma, dov’è la porta? Com’è la porta? Chi è la porta? Gesù stesso è la porta. Giovanni XXIII, discorso agli infermi convenuti nella Basilica Vaticana 19 marzo 1959 Per ricavare dalla meditazione della Croce tutto il frutto spirituale promesso alla sofferenza cristiana, occorre avere in voi il dono della grazia, che è la vita propria dell'anima cristiana. Nella grazia troverete forza, non solo di accettare le sofferenze con rassegnazione, ma di amarle come le amarono i Santi; i vostri dolori non andranno perduti, ma potranno unirsi ai dolori del Crocifisso, ai dolori della Vergine, la più innocente delle creature; e la vostra vita potrà così diventare veramente conforme alla immagine del Figlio di Dio, re dei dolori, e la più sicura via per il Cielo. Ma vi è di più. La Passione di Gesù vi rivelerà altresì la fecondità immensa della sofferenza per la santificazione delle anime e la salvezza del mondo. Mirate ancora il Divin Salvatore Crocifisso! Con le sue parole e con i suoi esempi egli ha ammaestrato gli uomini, coi suoi miracoli li ha beneficati, ma soprattutto è stato con la sua Passione e la sua Croce che ha salvato il mondo. Pio XII, discorso ai fedeli di Roma 10 febbraio 1952 Ed ora è tempo, diletti figli! È tempo di compiere gli altri definitivi passi; è tempo di scuotere il funesto letargo; è tempo che tutti i buoni, tutti i solleciti dei destini del mondo, si riconoscano e serrino le loro file; è tempo di ripetere con l'Apostolo: «Hora est iam nos de somno surgere» (Rom. 13, 2): È ora che ci svegliamo dal sonno, poiché vicina è adesso la nostra salvezza! È tutto un mondo, che occorre rifare dalle fondamenta, che bisogna trasformare da selvatico in umano, da umano in divino, vale a dire secondo il cuore di Dio. Da milioni di uomini si invoca un cambiamento di rotta, e si guarda alla Chiesa di Cristo come a valida ed unica timoniera, che, nel rispetto della umana libertà, possa essere alla testa di così grande impresa, e s'implora la guida di lei con aperte parole, e anche più con le lacrime già versate, con le ferite ancora doloranti, additando gli sterminati cimiteri, che l'odio organizzato ed armato ha disteso sui continenti. Giovanni Paolo I, udienza generale 20 settembre 1978 Dio è onnipotente, Dio mi ama immensamente, Dio è fedele alle promesse. Ed è Lui, il Dio della misericordia, che accende in me la fiducia; per cui io non mi sento né solo, né inutile, né abbandonato, ma coinvolto in un destino di salvezza, che sboccherà un giorno nel Paradiso. (...) Qualcuno dirà: ma se io sono povero peccatore? Gli rispondo come risposi a una signora sconosciuta, che s'era confessata da me molti anni fa. Essa era scoraggiata, perché - diceva - aveva avuta una vita moralmente burrascosa. Posso chiederle - dissi - quanti anni ha? - Trentacinque. - Trentacinque! Ma lei può viverne altri quaranta o cinquanta e fare ancora un mucchio di bene. Allora, pentita com'è, invece che pensare al passato, si proietti verso l'avvenire e rinnovi, con l'aiuto di Dio, la sua vita. Giovanni Paolo II, Angelus 4 dicembre 1983 La salvezza scende dal cielo, ma germoglia anche dalla terra. (...) La storia della salvezza, che è storia di un’alleanza con Dio, si...

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Ep. 162 - Papale papale -"Incontro"

5/7/2024
Francesco, udienza generale 29 marzo 2023 L’incontro con Gesù Cristo ti cambia da dentro, ti fa un’altra persona. Se uno è in Cristo è una nuova creatura, questo è il senso di essere una nuova creatura. Diventare cristiano non è un maquillage che ti cambia la faccia, no! Se tu sei cristiano ti cambia il cuore ma se tu sei cristiano di apparenza, questo non va… cristiani di maquillage non vanno. Il vero cambiamento è del cuore. (...) Ognuno di noi pensi a questo: “Io sono un religioso?” – “Va bene” – “Io prego?” – “Sì” - “Io cerco di osservare i comandamenti?” – “Sì” – “Ma dov’è Gesù nella tua vita?” – “Ah, no io faccio le cose che comanda la Chiesa”. Ma Gesù dov’è? Hai incontrato Gesù, hai parlato con Gesù? Tu prendi il Vangelo o parli con Gesù, ti ricordi chi è Gesù? E questa è una cosa che ci manca tante volte. Quando entra Gesù nella tua vita, come è entrato nella vita di Paolo, Gesù entra cambia tutto. Giovanni Paolo II, incontro con 20 mila giovani durante la visita pastorale a Genova 22 settembre 1985 Il Papa è venuto per invitarvi al cammino, alla novità continua da cercare dentro di voi, con la vostra stessa vita. (...) D’altra parte, voi stessi sapete che non c’è incontro vero che non lascia traccia. Per questo non ci può essere l’incontro con “l’amorevole sguardo” di Gesù senza che la vita, dentro e fuori, non ne rimanga intaccata. Anzi, la prova che avete incrociato lo sguardo del Maestro è proprio il vostro modo di vivere, l’ordine delle vostre scelte, la consequenzialità di esse, in una parola: il vostro comportamento di creature nuove, secondo le “Beatitudini” del Vangelo. Benedetto XVI, udienza generale 17 ottobre 2012 Si tratta dell’incontro non con un’idea o con un progetto di vita, ma con una Persona viva che trasforma in profondità noi stessi, rivelandoci la nostra vera identità di figli di Dio. L’incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani, orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà e fraternità, nella logica dell’amore. Avere fede nel Signore non è un fatto che interessa solamente la nostra intelligenza, l’area del sapere intellettuale, ma è un cambiamento che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore, intelligenza, volontà, corporeità, emozioni, relazioni umane. Con la fede cambia veramente tutto in noi e per noi, e si rivela con chiarezza il nostro destino futuro, la verità della nostra vocazione dentro la storia, il senso della vita, il gusto di essere pellegrini verso la Patria celeste. Ma - ci chiediamo - la fede è veramente la forza trasformante nella nostra vita, nella mia vita? Oppure è solo uno degli elementi che fanno parte dell’esistenza, senza essere quello determinante che la coinvolge totalmente? Giovanni XXIII, saluto ai fedeli partecipanti alla fiaccolata in occasione dell’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II 11 ottobre 1962 La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato Padre per la volontà di Nostro Signore, ma tutt’insieme: paternità e fraternità e grazia di Dio, tutto, tutto! Continuiamo, dunque, a volerci bene, a volerci bene così, a volerci bene così, guardandoci così nell’incontro, cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte quello - se c’è – qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà. Niente: Fratres sumus! La luce che splende sopra di noi, che è nei nostri cuori, che è nelle nostre coscienze, è luce di Cristo, il quale veramente vuol dominare, con la Grazia sua, tutte le anime.

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Ep. 161 - Papale papale -"Rivelazione"

5/6/2024
Benedetto XVI, udienza generale 12 dicembre 2012 Questa Rivelazione di Dio si inserisce nel tempo e nella storia degli uomini: storia che diventa «il luogo in cui possiamo costatare l’agire di Dio a favore dell’umanità. Egli ci raggiunge in ciò che per noi è più familiare, e facile da verificare, perché costituisce il nostro contesto quotidiano, senza il quale non riusciremmo a comprenderci». L’evangelista san Marco riporta, in termini chiari e sintetici, i momenti iniziali della predicazione di Gesù: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (Mc 1,15). Ciò che illumina e dà senso pieno alla storia del mondo e dell’uomo inizia a brillare nella grotta di Betlemme. (...) In Gesù di Nazaret Dio manifesta il suo volto e chiede la decisione dell’uomo di riconoscerlo e di seguirlo. rivelarsi di Dio nella storia per entrare in rapporto di dialogo d’amore con l’uomo, dona un nuovo senso all’intero cammino umano. La storia non è un semplice succedersi di secoli, di anni, di giorni, ma è il tempo di una presenza che le dona pieno significato e la apre ad una solida speranza. Giovanni Paolo II, udienza generale 3 aprile 1985 La fede è l’obbedienza della ragione e della volontà a Dio che rivela. Questa “obbedienza” consiste innanzitutto nell’accettare “come verità” ciò che Dio rivela: l’uomo rimane in armonia con la propria natura razionale in questo accogliere il contenuto della rivelazione. Ma mediante la fede l’uomo s’abbandona tutt’intero a questo Dio che gli rivela se stesso, e allora, mentre riceve il dono “dall’alto”, risponde a Dio con il dono della propria umanità. (...) La rivelazione - e di conseguenza anche la fede - “supera” l’uomo, perché apre davanti a lui le prospettive soprannaturali. Ma in queste prospettive è posto il più profondo compimento delle aspirazioni e dei desideri radicati nella natura spirituale dell’uomo: la verità, il bene, l’amore, la gioia, la pace. Sant’Agostino ha dato espressione a questa realtà nella frase famosa: “Inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (S. Agostino, Confessiones, I, 1). Giovanni XXIII, omelia nella Solennità di Pentecoste 10 giugno 1962 L'uomo che scruta i penetrali della scienza e cerca il punto di contatto tra cielo e terra, sa che nessun quesito rimane insoluto dalla apostolica dottrina: che nessuna soluzione viene offerta con intendimento polemico o con presuntuosa facilità. Dall'alto la verità splende: ma attingere alla sua vetta, non importa gran fatica per alcuno, quando sia animato da volontà decisa e libero da opprimenti legami. La Chiesa, continuando a rendere testimonianza a Gesù Cristo, non vuol togliere nulla all'uomo; non gli nega il possesso delle sue conquiste e il merito degli sforzi compiuti. Ma vuol aiutarlo a ritrovarsi, a riconoscersi; a raggiungere quella pienezza di conoscenze e di convinzioni, che è stata in ogni tempo anelito degli uomini saggi, anche al di fuori della divina rivelazione. In questo immenso spazio di attività che le si apre dinanzi, la Chiesa abbraccia con materna sollecitudine ogni uomo, e lo vuol persuadere ad accogliere il divino messaggio cristiano, che dà sicuro orientamento alla vita individuale e sociale. Francesco, Regina Caeli 28 marzo 2016 «Cristo, mia speranza, è risorto!». Se Cristo è risuscitato, possiamo guardare con occhi e cuore nuovi ad ogni evento della nostra vita, anche a quelli più negativi. I momenti di buio, di fallimento e anche di peccato possono trasformarsi e annunciare un cammino nuovo. Quando abbiamo toccato il fondo della nostra miseria e della nostra debolezza, Cristo risorto ci dà la forza di rialzarci. Se ci affidiamo a Lui, la sua grazia ci salva! Il Signore crocifisso e risorto è la piena rivelazione della misericordia, presente e operante nella storia. Ecco il messaggio pasquale che risuona ancora oggi e che risuonerà per tutto il tempo di Pasqua fino a Pentecoste.

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